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I ragazzi e la guerra

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“Maestra, ma ci dite sempre di non litigare, che non si usa la violenza e poi, voi grandi, fate le guerre e fate morire i bambini.”
“Ma poi dite tutti che Putin è cattivo, che non vi piace quello che fa, che non siete d’accordo … ma poi non siete capaci di mandargli i poliziotti e farlo arrestare?”

Fabrizio e Giulio, 9 anni

“Prof … ma che vuoi sapere? Ma che davero?!
Ma davvero nel 2022 dobbiamo guardare questo scempio?
Ma che davvero nel 2022, dopo due anni di pandemia del cazzo, serviva fare sto casino? Altri morti, altre sofferenze, altre follie.
Perchè poi voi pensate che per il solo fatto che non ci mettiamo là a discutere con voi dei mali del mondo, noi ce ne fottiamo.
Vi dò una notizia: non ce ne fottiamo, ci dissociamo dallo schifo che fate… cerchiamo di sopravvivere.
Meglio passare il tempo a guardare Tik Tok (che tanto vi fa incazzare), piuttosto che sulle news a vedere i neonati ucraini trasferiti negli scantinati…
‘ste agonie lente!
Ma gli mandasse un concentrato di missili tutti insieme così li fa morire in contemporanea!! Almeno si risparmiano il terrore dell’attesa della morte.
E mentre quello massacra, voi che fate? L’analisi politica: “Putin è un dittatore mitomane!”, “È colpa dell’America: ce lo avevano detto che se avessimo permesso all’Ucraina di entrare nella Nato allora la Russia si sarebbe sentita minacciata!!”, “…ma è tutta una manovra finanziaria!”
Ma chi se ne fotte delle analisi??? Dei bei paroloni, dei valori, della filosofia…
Le chiacchiere stanno a zero, professorè…
L’unica cosa positiva è che da domani non ci potete più rompere i coglioni col fatto che voi avete vissuto ai tempi delle guerre: noi c’abbiamo avuto pure la pandemia, oltre alla guerra.
C’avete massacrato.”

Giulio, 17 anni

 

Se fino alla settimana scorsa entrare in classe (di qualsiasi ordine e grado) e fare lezione era difficile, ora è diventato impossibile.
I ragazzi sono affamati di verità, delusi, confusi, agitati, arrabbiati, demotivati, disgustati, scorati, distratti, affranti, preoccupati.
Sono stanchi di opinioni, di disastri, di parole all’aria da parte di noi adulti.

Ancora per poco.
Stavano iniziando ad uscire dalla pandemia, che ha avuto un impatto devastante sulla loro psiche, e gli sono apparse, sui social, immagini della guerra: carri armati, scoppi di bombe, gente ferita, rifugi sotterranei.
A breve “faranno l’abitudine” a tutto questo e torneranno ad immergersi nei loro giochi, nei loro social, nei loro pensieri.

E molti di noi torneranno a pensare che non gliene frega nulla di niente.
Le famiglie torneranno ad accusare la Scuola inadeguata, la scuola tornerà ad accusare la Famiglia che si deresponsabilizza.
E loro, i ragazzi, come dei supersantos, stanno in mezzo.

Chi sostiene le famiglie, ma soprattutto i docenti, nell’affrontare questa realtà così articolata e difficile, in individui diventati così complessi?

Galimberti, filosofo e psicoanalista, definisce quest’epoca Età del Nichilismo.
La spiega, come sempre in maniera molto semplice, dicendo che è un’epoca in cui:

  • i valori si sono svalutati;
  • manca lo scopo;
  • manca la risposta ai perchè.

La svalutazione dei valori è importante ma, essendo essi coefficienti sociali stabiliti dalla stessa società per ridurre i conflitti, sono variabili.
Ciò che è invece molto preoccupante è l’assenza di scopo, che si porta dietro la mancata risposta ai perchè.
Se non c’è uno scopo, arriva il nichilismo:
perchè mi devo impegnare nella vita, se niente mi motiva?
se il futuro non ha uno scopo, qual è il senso del mio stare al mondo?

Sembrano domande forti, ma è dietro alle risposte a queste domande (che i ragazzi si pongono nel chiuso delle loro stanze), che è da ricercare l’origine del loro apparente menefreghismo, della loro maschera di superficialità, del conflitto forte con l’adulto, del non rispetto delle regole, della loro tendenza a rifuggire responsabilità e superare i limiti (droghe, alcool, bullismo, problemi alimentari, depressione), del dramma dei genitori e dei prof che pensano continuamente: questi ragazzi non hanno più sogni.
Ma per potersi permettere di sognare, questi ragazzi devono avere valori fermi e non “liquidi”, certezze stabili, stelle polari che li guidino, adulti che comprendano il loro contesto prima che le loro identità.

Ma facciamo anche un’analisi emotiva dei nostri ragazzi; sono letteralmente bombardati da stimoli di qualsiasi genere: social, pandemia.. e ora anche la guerra vicina.
Hanno accesso ad ogni tipo di informazione. Senza limiti d’età. Senza barriere ai contenuti. Senza selezioni di immagini.
L’eccessiva vicinanza a tutto questo, li coinvolge in un modo che è al di sopra delle loro capacità di contenimento..
E quando emotivamente accade di non essere in grado di contenere e/o elaborare gli eccessivi stimoli, si hanno due chance:

  • si va in angoscia;
  • si abbassa la percezione emotiva.

Quindi la strafottenza dei nostri giovani è una difesa: un modo per mettere uno spazio tra la loro angoscia e gli stimoli troppo forti che gli stiamo dando, senza fornirgli punti fermi, ancore di salvezza, speranze.

E i docenti..
Come fanno questi poveri docenti a sostenere tutto il peso?
A trasferire valori che hanno “valore” solo in quel contesto classe, perchè quando i ragazzi escono fuori, non se li ritrovano più.
A motivare i ragazzi quando fuori tutto scorre, nulla è saldo: neanche le fondamenta.
A spiegare e contestualizzare le immagini dei ricchi e perfetti influencer o dei poveri feriti di guerra, quando la loro parte emotiva ha già affrontato quelle immagini che hanno avuto un impatto profondo sulla loro psiche.
A guidarli verso i loro sogni, quando il futuro è così incerto e compromesso.

Io li guardo i proff … mi guardo… ci guardo .. e, talvolta, ho la sensazione di vedere dei coraggiosi Don Chisciotte combattere, col cuore e senza grandi armi, contro i mulini a vento.

 

Emilia Andriella