Una delle poesie che ricordo ancora a memoria è A mia madre di Edmondo De Amicis.
Credo di aver capito in questi versi che cosa di una madre mi colpisce.

Non sempre il tempo la beltà cancella
O la sfioran le lacrime e gli affanni;
Mia madre ha sessant’anni,
E più la guardo e più mi sembra bella.

Non si tratta solo del prendersi cura, dell’accoglienza, della generosità, della fatica di essere madre, ma della restituzione di un dono che prima o poi nella vita, ogni figlia, dovrebbe avere la possibilità di dare.

Non ha un detto, un sorriso, un guardo, un atto
Che non mi tocchi dolcemente il core;
Ah se fossi pittore
Farei tutta la vita il suo ritratto.

Credo che le madri si capiscano, o si conoscano davvero, quando, rimanendo madri, diventano figlie.
Quando la malattia avanza e hanno bisogno di qualcuno che faccia per loro tutto quello che loro hanno fatto per qualcuno.

Vorrei ritrarla quando inchina il viso
Perch’io le baci la sua treccia bianca,
O quando inferma e stanca
Nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Quando vivono la guerra, in casa o nel mondo, rimanendo sempre divise, tra il partire e il restare, tra il futuro e il passato, in un presente che spesso le mette in secondo piano.

Ma se fosse un mio prego in cielo accolto
Non chiederei del gran pittor d’Urbino
Il pennello divino
Per coronar di gloria il suo bel volto;

Quando in quella maternità, di corpo e di anima, cercata o inaspettata, rincorsa o accolta, ci rendiamo conto che possiamo rinascere proprio grazie a quel sorriso che prima di ogni altra cosa abbiamo visto.

Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Veder me vecchio, e lei
Dal sacrifizio mio ringiovanita.

Auguri a tutte le madri, perché non scompaiano, oggi, di fronte al troppo lavoro.
Senza madri perdiamo…
– lo spazio per l’altro, che è accoglienza e collaborazione;
– lo sguardo sull’altro, che è immaginazione e creatività nel limite;
– il bene dell’altro, che è prendersi cura e centralità della persona.

Nelle aziende, nella famiglia, nella vita.